Flat Tax 2023, calcolo ed esempi: come funziona e a chi conviene
Il nuovo regime forfettario fino a 85mila euro e chi ci risparmia davvero
Uno dei cavalli di battaglia di questo governo è proprio la riforma sulla flat tax 2023 che dovrebbe semplificare il sistema fiscale con riduzione delle imposte. Nel frattempo, si riflette sulla convenienza della tassa piatta al 15% e l’innalzamento della soglia dei guadagni fino a 85 mila euro e su come influirà su professionisti e autonomi. Ora, con l’approvazione della manovra al Senato, l’estensione della flat tax fino a 85mila euro di fatturato è ufficialmente in vigore: vediamo pertanto come funziona attraverso calcolo, riflessioni e stime degli esperti a riguardo.
Manovra 2023, come funziona la nuova flat tax
La manovra economica del governo Meloni ha innalzato la soglia massimo di fatturato per poter accedere al regime forfettario con tassazione Irpef al 15%, da 65mila a 85mila euro. Non solo: oltre ad allargare la platea dei beneficiari del regime agevolato, la manovra ha introdotto per imprenditori e professionisti una nuova imposta sostitutiva proporzionale sui redditi incrementali rispetto a quelli dichiarati nei precedenti anni. In sostanza, tutte le partite iva possono applicare la tassa piatta sul maggiore utile conseguito rispetto al triennio precedente con soglia massima a 40 mila euro.
Ad ogni modo, e a carattere molto generale, secondo l’Osservatorio sui conti pubblici la sottrazione di una larga fetta di redditi dei lavoratori autonomi dalla tassazione progressiva “pone sia problemi di equità che di efficienza e comporta conseguenze sia sull’Irpef che sull’Iva, dato che i forfettari sono anche esclusi dal pagamento di questo tributo”. Di base, sono anni che l’Irpef – imposta sui redditi -subisce uno svuotamento e grava ormai solo sui redditi da lavoro principalmente dipendente o pensionistici; non a caso, queste due categorie con i loro contributi costituiscono l’85% della base imponibile dell’imposta Irpef. Fatte queste premesse, procediamo con la simulazione della flat tax e scopriamo a chi conviene.
Simulazione flat tax 85.000: calcolo ed esempi
Per capire un po’ come funziona la nuova flat tax facciamo un po’ di esempi, sfruttando alcune simulazioni de Il sole 24 ore. Per un contribuente iscritto all’Inps, ad esempio, con 85mila euro di compensi annui, la flat tax al 15% porterebbe nelle sue tasche un netto di 41.753 euro; considerati i costi forfettizzati, i contributi deducibili e l’imposta sostitutiva. Diversamente, se si applicasse la tassazione ordinaria, ossia l’Irpef e le varie addizionali locali, e immaginando che i costi effettivi siano uguali a quelli forfettari al 22%, il guadagno sarebbe solo 33.938 euro. Con la flat tax al 15%, dunque, ci guadagnerebbe una differenza di 7.635 euro all’anno.
Veniamo ai professionisti iscritti alle casse previdenziali, dove il guadagno risulta ancora più evidente per via dei contributi. Dunque, un commercialista, ad esempio, che guadagna 85mila euro, grazie al nuovo forfait intascherebbe 49.527 euro, contro i 39.147 che invece deriverebbero dall’applicazione dell’Irpef ordinaria. La differenza, qui, tocca i 10.380 euro di guadagni in più all’anno. Il commercialista con tassazione ordinaria dovrebbe guadagnare fino a 112.492 euro, con le sue aliquote contributive, per ottenere gli stessi introiti del regime forfettario (49.527 euro).
Dando un’occhiata anche ai calcoli della flat tax svolti dall’Osservatorio dei conti pubblici dell’università Cattolica si evince come un elettricista con fatturato annuo di 75.000 euro, con il regime forfettario, pagherebbe 24.056 euro di tasse invece di 32.190 euro del regime ordinario: oltre 8 mila euro di risparmio stimato. E ancora: un consulente informatico, con lo stesso fatturato, potrebbe ridurre le tasse a 18.741 euro con il regime agevolato, invece di 24.089 euro del regime ordinario; 6mila euro di risparmi, in questo caso.
Un altro esempio interessante dell’Osservatorio è il confronto tra lavoratore autonomo e dipendente: a chi conviene la flat tax? Stando ai calcoli dell’università, prendendo in esame l’elettricista dell’esempio precedente, se dipendente costerebbe all’azienda 64.500 euro, dove 33.709 euro sono da tradursi in tasse; pertanto, l’elettricista dipendente pagherebbe 9mila euro in più rispetto a un elettricista autonomo con 75 mila euro di fatturato.
A chi conviene la flat tax
Le simulazioni precedenti dimostrano come per alcuni sia conveniente scegliere il nuovo regime forfettario. Alcuni esperti sottolineano come, per attutire il passaggio tra i due regimi sia necessario prima o poi introdurre un regime “cuscinetto” per chi supera il limite forfettario. Ad ogni modo, secondo l’Ufficio parlamentare di Bilancio, il tasso di adesione delle imprese è stimato al 22,5% mentre dei professionisti al 58,7%.
Questa differenza dipende dai costi: per i professionisti, le spese deducibili sono al 22%; pertanto, chi è al di sotto può optare per la flat tax in modo vantaggioso, ma chi è al di sopra, invece, potrebbe convenirgli la tassazione ordinaria, ma con un guadagno inferiore. Secondo l’Osservatorio conti pubblici italiani dell’università Cattolica, la convenienza del regime forfettario sarà più vantaggiosa per i lavoratori autonomi più ricchi; chi, invece, fattura meno di 16.300 euro gli conviene di più il regime ordinario. Ma approfondiamo l’argomento riflettendo sull’analisi fornita dall’Osservatorio dei conti pubblici.
Le figure professionali prese come modello precedentemente sono un elettricista e un consulente informatico, di cui si è ipotizzato un fatturato da 75mila euro, che garantirebbe l’acceso al regime forfettario della flat tax, e stessi costi e contributi sostenuti. Per entrambi l’aliquota agevolata al 15% offre un chiaro vantaggio sul lato dell’imposta sui redditi: l’elettricista forfettario risparmierebbe più di 8mila euro l’anno di imposte rispetto a quello ordinario, mentre l’informatico, che secondo le tabelle ministeriali ha contributi più alti, più di 5mila euro.
C’è da sottolineare anche che i forfettari non sono sottoposti alle addizionali regionali e comunali sul reddito. Dall’analisi dell’Osservatorio emerge che le stesse figure, se venissero assunte da un’azienda in qualità di lavoratore dipendente, non avrebbero gli stessi vantaggi. Stando alle stime, l’azienda che assume sosterrebbe un costo per l’assunzione pari al reddito previdenziale di quando questi svolgono la propria attività in proprio. Infatti, per gli autonomi in regime ordinario iscritti alla gestione separata Inps, il 26,23% di aliquota contributiva sul reddito lordo produce contributi pensionistici che risultano di poco maggiori rispetto al 33% di aliquota contributiva, mettendo assieme il 23,81% versato dalle imprese con il 9,19% dai lavoratori, pagato sul reddito al netto degli altri contributi che sono a carico del lavoro dipendente, dalla malattia, alla maternità, fino alla disoccupazione. Secondo l’analisi Ocp, dal momento che questi contributi riducono la base imponibile ai fini Irpef, il lavoratore dipendente risulta soggetto ad una minore tassazione ai fini dell’imposta dei redditi, ma la detrazione per il lavoro dipendente è maggiore della detrazione per lavoro autonomo.
Insomma, tirando le somme degli aspetti sollevati, emerge come un elettricista autonomo soggetto al regime ordinario dell’Irpef pagherebbe circa 1.700 euro in più di imposte sul reddito e circa 3.200 euro in meno di contributi, con un reddito di circa 1.500 euro maggiore rispetto a un elettricista dipendente. Idem per l’informatico: circa 1.700 euro in più di imposte e 1.900 euro in meno di contributi da lavoratore autonomo, con un reddito netto maggiore di circa 170 euro. Passando al confronto regime forfettario vs ordinario, si avrebbero gli stessi contributi, ma diverse imposte sui redditi. Riprendiamo il solito esempio.
L’elettricista forfettario pagherebbe oltre 6.500 euro di imposte in meno rispetto ad un elettricista dipendente, con un reddito al netto di tutte le imposte e i contributi maggiore di quasi 10mila euro. Mentre, l’informatico forfettario risparmierebbe invece oltre 3.600 euro di imposte rispetto al dipendente, con più reddito pari a 5.500 euro.
Ecco le parole dell’Osservatorio sui conti pubblici: “Anche se il lavoratore autonomo forfettario è maggiormente soggetto al rischio di impresa e non ha tutte le coperture assicurative del dipendente – ma neanche paga i relativi contributi -, sembra davvero un vantaggio eccessivo, sollevando problemi seri di equità di trattamento”. Dunque, tornando alle riflessioni iniziali: a chi conviene il regime forfettario? In soldoni: ai più ricchi. Se dovessimo estrarre una formula da queste stime sarebbe che la convenienza della flat tax cresce al crescere del fatturato della’autonomo. Di fatti, e qui ci riallacciamo al paragrafo precedente, l’aliquota del forfettario resta piatta al 15%, mentre per l’ordinario aumenta con l’aumentare del reddito.
Dunque, come già accennato, fino a 16.300 euro il regime Irpef ordinario è più conveniente. Considerando anche l’Iva, chi ha ha partita iva forfettaria non è soggetto a regime Iva, pertanto né la sottraggono dagli acquisti ma neanche la debbono imporre sulle vendite; pertanto, la p.iva forfettaria gode di un vantaggio competitivo rispetto agli ordinari, che invece devono applicare l’Iva sulle vendite.
Conviene aprire la partita iva nel 2023?
Stando alle stime, dunque, dal prossimo anno per alcune categorie potrebbe convenire aprire una partita Iva, piuttosto che essere un lavoratore subordinato. Tuttavia, affinché risulti conveniente, sottolineano gli esperti che bisogna avere un fatturato piuttosto sostanzioso; altrimenti, potrebbe convenire la tassazione ordinaria. Ad ogni modo, consultando un professionista è possibile capire qual è il regime più adatto alle proprie esigenze.
Flat tax 2023: quando entra in vigore
Stando alla normativa, si può optare per il nuovo regime agevolato già dal 1 gennaio 2023. L’idea è quella di eliminare il contenimento dei ricavi di quest’anno per chi ha i limite entro 65 mila euro e non vuole perdere i benefici fiscali.
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