Green Deal europeo: cos’è e cosa prevede. Il riassunto

Il Green Deal spiegato bene: obiettivi, anno e obblighi per immobili e non solo

La Commissione Europea ha lanciato un piano industriale ‘Green Deal’ che mira a migliorare la competitività dell’industria europea a zero emissioni e a sostenere una transizione verde meno lenta verso la neutralità climatica entro il 2050.
Il Patto Verde, come spiega l’esecutivo Ue, mira a fornire un contesto più propizio al potenziamento della capacità produttiva dell’Ue per le tecnologie e i prodotti a emissioni zero, necessari per raggiungere gli obiettivi climatici dell’Europa.
L’intenzione è quella di rivedere ogni legge vigente in materia di clima e di introdurre nuove leggi sull’economia circolare, sulla ristrutturazione degli edifici green, e ancora biodiversità, agricoltura, innovazione. E in questa guida proviamo a riassumere che cos’è il Green Deal, anno di entrata in vigore e quali sono gli obiettivi.

Cos’è il Green Deal europeo: obiettivi e principi

Si tratta di un piano europeo per il clima, che mira alla conversione economica e alla riduzione dell’inquinamento. È uno dei cavalli di battaglia del presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen, di cui l’impatto zero entro il 2050 è uno dei principali goal del Patto Verde.

Ma non è l’unico. Infatti, c’è anche la crescita economica deve essere “dissociata dall’uso delle risorse” e dove “nessuna persona e nessun luogo” deve essere trascurato. Per raggiungere questi obiettivi il piano punta a “trasformare le problematiche climatiche e le sfide ambientali in opportunità in tutti i settori politici, rendendo la transizione equa e inclusiva per tutti”.  Il piano intende dunque “promuovere l’uso efficiente delle risorse passando a un’economia pulita e circolare” e “ripristinare la biodiversità e ridurre l’inquinamento”. 

OBIETTIVI A BREVE TERMINE

La Commissione collaborerà con gli Stati membri a breve termine per cercare una soluzione ponte per fornire un sostegno rapido e mirato dove è più necessario. 

OBIETTIVO A MEDIO TERMINE

Per il medio termine, la Commissione intende dare una risposta strutturale alle esigenze di investimento, proponendo un Fondo di sovranità europeo nel contesto della revisione del quadro finanziario pluriennale prima dell’estate 2023. L’obiettivo è preservare un vantaggio europeo su tecnologie rilevanti per le transizioni verdi e digitali, dalle tecnologie informatiche, tra cui la microelettronica, l’informatica quantistica e l’intelligenza artificiale, alla biotecnologia e alla bioproduzione e alle tecnologie ‘net-zero’.

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I 4 pilastri del Green Deal europeo

Il piano si basa su quattro pilastri: un ambiente normativo prevedibile e semplificato, accelerazione dell’accesso ai finanziamenti, miglioramento delle competenze e commercio aperto per catene di approvvigionamento ‘resilienti’.

  1. LEGGI SEMPLICI E CHIARE
    Il primo pilastro del piano riguarda un quadro normativo più semplice, con una legge sull’industria a zero emissioni nette, per identificare gli obiettivi per la capacità industriale netta zero e fornire un quadro normativo adatto alla sua rapida attuazione, garantendo autorizzazioni semplificate e rapide, promuovendo progetti strategici europei e sviluppando norme a sostegno dello sviluppo delle tecnologie in tutto il mercato unico. Il quadro sarà integrato dalla legge sulle materie prime critiche, per garantire un accesso sufficiente ai materiali, come le terre rare, vitali per la produzione di tecnologie chiave, e la riforma dell’assetto del mercato dell’elettricità, per fare in modo che i consumatori beneficino dei minori costi di energie rinnovabili.
  2. INVESTIMENTO E ACCESSO AI FONDI
    Il secondo pilastro del piano dovrebbe accelerare gli investimenti e i finanziamenti per la produzione di tecnologie pulite in Europa. Per accelerare e semplificare la concessione degli aiuti, la Commissione consulta gli Stati membri su un quadro temporaneo modificato in materia di crisi e transizione degli aiuti di Stato e rivedrà il regolamento generale di esenzione per categoria alla luce del Green Deal, aumentando le soglie di notifica per sostegno agli investimenti verdi. La Commissione faciliterà inoltre l’uso dei fondi dell’Ue esistenti per finanziare l’innovazione, la produzione e la diffusione di tecnologie pulite. Sta inoltre “esplorando strade” per ottenere maggiori finanziamenti comuni a livello dell’Ue per sostenere gli investimenti nella produzione di tecnologie net-zero, sulla base di una valutazione in corso delle esigenze di investimento.

    La Commissione collaborerà con gli Stati membri a breve termine, con particolare attenzione a RePowerEu, InvestEu e al Fondo per l’innovazione, su una soluzione ponte per fornire un sostegno rapido e mirato. Per il medio termine, la Commissione intende dare una risposta strutturale alle esigenze di investimento, proponendo un Fondo di sovranità europeo nell’ambito della revisione del quadro finanziario pluriennale prima dell’estate 2023. Per aiutare gli Stati membri ad accedere ai fondi RePowerEu, la Commissione ha adottato oggi nuovi orientamenti sui piani per la ripresa e la resilienza, che illustrano il processo di modifica dei piani esistenti e le modalità per la preparazione dei capitoli RePowerEu.

  3. ACCADEMIE INDUSTRIALI ‘PULITE’
    Il terzo pilastro è dedicato alle nuove competenze lavorative. Dato che tra il 35% e il 40% di tutti i posti di lavoro potrebbe essere interessato dalla transizione verde, lo sviluppo delle competenze necessarie per lavori di qualità ben retribuiti sarà una priorità per l’anno europeo delle competenze. La Commissione proporrà di istituire accademie industriali Net-Zero per avviare programmi di miglioramento delle competenze e riqualificazione nelle industrie strategiche.
  4. COOPERAZIONE PER LA TRANSIZIONE VERDE
    Il quarto pilastro riguarda la cooperazione globale e il funzionamento del commercio per la transizione verde, secondo i principi della concorrenza leale e del commercio aperto, sulla base degli impegni con i partner dell’Ue e del lavoro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. A questo fine, la Commissione Europea continuerà a sviluppare la rete dell’Ue di accordi di libero scambio e altre forme di cooperazione con i partner, per sostenere la transizione verde. Valuterà inoltre la creazione di un Critical Raw Materials Club, per riunire i ‘consumatori’ di materie prime e i Paesi ricchi di risorse, per garantire la sicurezza globale dell’approvvigionamento. La Commissione assicura infine che proteggerà il mercato unico dal commercio sleale nel settore delle tecnologie pulite e utilizzerà i suoi strumenti per garantire che le sovvenzioni estere non distorcano la concorrenza nel mercato unico, anche nel settore delle tecnologie pulite

Fondi per il Green Deal europeo

È chiara l’ambizione di questo piano che punta su azioni concrete per rivoluzionare il modo di vivere per un mondo più pulito, equo e sicuro. Per questo, la direzione è ben visibile: è necessario investire in tecnologie rispettose dell’ambiente, sostenere l’industria nell’innovazione, introdurre trasporto privato e pubblico pulito, decarbonizzare l’energia, rendere più ecosostenibili e autonomi gli edifici. Per tutti questi obiettivi il Green Deal necessita di un solido sostegno finanziario e tecnico che l’Ue fornirà ad ogni Stato membro. In particolare, la direttiva Ue prevede di sostenere il più possibile quei paesi in cui il passaggio all’economia verde è più critico. E tale meccanismo ha un nome: è il cosiddetto “meccanismo per una transizione giusta”. Tale meccanismo contribuirà a mobilitare almeno 100 miliardi di euro per il periodo 2021-2027. Al momento, quelli messi sul tavolo dall’Europa sono 7,5 miliardi. Per quanto riguarda l’Italia, l’importo che ci darà l’Europa per il Green Deal poco oltre i 360 milioni. Che però, spiegano gli esperti, diventeranno 1,3 miliardi con un co-finanziamento nazionale e infine a 4,8 miliardi concentrando tutte le risorse. Ma vediamo meglio cosa dicono le note.

Gli STRUMENTI ATTUALI

Per il finanziamento europeo, attualmente esistono vari strumenti e programmi, dal Recovery Fund a REPowerEU, a InvestEU al Fondo per l’innovazione. Si è parlato molto in queste settimane dell’idea di ricorrere a nuovo debito comune per trovare sul mercato nuove risorse comuni, tema che divide attualmente i governi. Bruxelles di fatto prende tempo. Nella comunicazione viene indicato che sta “esplorando le strade per ottenere maggiori finanziamenti comuni a livello Ue per sostenere gli investimenti nella produzione di tecnologie a zero emissioni nette sulla base di una valutazione in corso delle esigenze di investimento”. Un approccio europeo “sarà essenziale per preservare il mercato unico dalla frammentazione e realizzare le massime sinergie e scala”.  

Per quanto riguarda l’uso dei fondi esistenti, attualmente saranno disponibili per gli stati membri quasi 270 miliardi di euro di fondi REPowerEU-Recovery Fund: ciò include 20 miliardi in nuove sovvenzioni per finanziare misure che gli stati potranno includere nei capitoli REPowerEU (contributi finanziati attraverso la vendita di quote del sistema d scambio delle emissioni, Ets); 5,4 miliardi della riserva di adeguamento alla Brexit che gli stati potranno trasferire volontariamente al Recovery Fund per finanziare le misure di REPowerEU. Ciò si aggiunge alle possibilità di trasferimento esistenti del 5% dai fondi della politica di coesione (fino a 17 miliardi). Queste poste si aggiungono ai restanti 225 miliardi di prestiti non utilizzati del Recovery Fund che gli Stati membri possono utilizzare per scopi REPowerEU.

Per permettere la flessibilità nell’uso di tali fondi, Bruxelles a definito una guida ai piani di ripresa e resilienza nel contesto di REPowerEU, che stabilisce ragioni, modi e tempi per le modifiche ai Pnrr (tema al quale l’Italia è sensibilissima). Una volta adottati i piani rivisti, gli Stati membri avranno la possibilità di richiedere il prefinanziamento fino al 20% dei fondi assegnati ai capitoli REPowerEU, consentendo un rapido esborso dei fondi. 

Bruxelles consiglia i governi a integrare gli investimenti e le riforme nei loro capitoli REPowerEU che sostengono la competitività delle industrie a tecnologia pulita. In particolare, ritiene importante che creino uno sportello unico per l’autorizzazione dei progetti; che si definiscano agevolazioni fiscali o altre forme di sostegno per investimenti in tecnologia verde e pulita, come crediti d’imposta, ammortamento accelerato o sussidi legati all’acquisizione o al miglioramento di beni di investimento verdi; si prevedano investimenti nella riqualificazione della forzalavoro. 

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Revisione dei piani per gli Stati membri

In questo tema, Bruxelles riconosce che la revisione è giustificata dal “contesto geopolitico” e può essere collegata ad aspetti finanziari, per beneficiare di ulteriori fondi REPowerEU, per modificare singolarmente il Recovery Fund o per assumere ulteriori prestiti. 

Inoltre, tale revisione si può applicare laddove è oggettivamente impossibile per uno Stato attuare determinati target – che si tratti di inflazione, carenze nella catena di approvvigionamento o ancora, se lo stesso Stato membro dimostra che la misura alternativa da lui proposta è più efficiente in termini di costi o più favorevole al conseguimento degli obiettivi previsti. 

Ad ogni modo, si vedrà nel breve futuro come sarà interpretato questo principio generale e come funzionerà la revisione del Pnrr italiano. Il governo attuale punta a sbloccare svariati miliardi di euro che rientrano negli investimenti del Recovery Fund, passando progetti al “serbatoio” dei fondi di coesione per beneficiare di tempi di realizzazioni più lunghi. 

Green deal: a che punto siamo?

Per quanto riguarda le catene di approvvigionamento e le condizioni di un commercio aperto, Bruxelles definirà una strategia comune in materia di crediti all’esportazione e di accordi di facilitazione degli investimenti sostenibili. E si dichiara pronta a utilizzare lo strumento per gli appalti internazionali per promuovere la reciprocità nell’accesso ai mercati degli appalti pubblici. 

Sulle competenze della forza lavoro, materia sulla quale il potere di intervento è nazionale, si parla di indicatori per monitorare l’offerta e la domanda per incrociate competenze e posti di lavoro nei settori rilevanti per la transizione verde; di nuovi percorsi per studenti e ricercatori internazionali per venire in Europa; istituire accademie del settore “Net-Zero” per avviare programmi di riqualificazione nelle industrie strategiche compresa un’accademia per l’edilizia sostenibile; di facilitare il riconoscimento delle qualifiche.

Per quanto riguarda la semplificazione delle norme, Bruxelles primo pilastro del piano, proporrà un Net-Zero Industry Act per identificare gli obiettivi per la capacità industriale a emissioni nette zero e fornire un quadro normativo adatto alla sua rapida attuazione “garantendo autorizzazioni semplificate e veloci, promuovendo progetti strategici europei e sviluppando standard per sostenere la scala di tecnologie in tutto il mercato unico”. 

Green deal europeo in Italia

Va detto che il negoziato Roma-Bruxelles è in corso. Intanto, ciò che sappiamo sulla transizione verde lo si può sbirciare dal progetto del Mise.

Seguendo il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec), l’obiettivo dell’Italia è raggiungere il 30% di energia rinnovabile sui consumi totali entro il 2030. Diversamente, l’obiettivo europeo è del 32%.

Pertanto, si tratta di raggiungere i 40 GW di capacità rinnovabile, di cui 28 GW andranno indirizzati a progetti di ampia scala: ad esempio, fonte solare (+20 GW) ed eolica (+8 GW).

Secondo gli esperti, per attuare questa strategia serve complessivamente una superficie di suolo pari a 800 km quadrati.

Direttiva europea per la casa green

Intanto, da titolari di immobili in Italia ci si pone due obiettivi:

Per far questo, possiamo utilizzare i bonus edilizi stanziati dal governo.

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